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Jean-Marc Foltz w/ Matt Turner & Bill Carrothers - To the Moon

Antonio Terzo, JazzColo(u)rs

Un disco fascinoso e seducente, crepuscolare e — dato il titolo — intensamente lunare. Un album realizzato da un trio anomalo, clarinetto violoncello e pianoforte, delicato ed espressivo, rorido di lirismo astratto e soave romanticismo. Un Cd basato su afflati congiunti, sottintesi strutturali e celebrale interplay da musica contemporanea da camera. Il tutto reinterpretato secondo uno spirito free jazz postmoderno, suggestivo ed intrigante. È consigliabile, per il neofita come per l’appassionato esperto, perdersi nei meandri di questo progetto discografico, nello stesso modo in cui si farebbe fallace l’orientamento in un labirinto pieno di vie, botole, passaggi e rimandi segreti. Un labirinto scavato e incastonato nella roccia, come l’eloquio del clarinettista e leader Jean-Marc Foltz nel momento in cui si trova a intrecciare le proprie linee grumose e perforanti con il fraseggio articolato e austero del pianista Bill Carrothers e con le aperture vibranti ed evocative del violoncellista Matt Turner. Da ascoltare la loro osmotica complicità, soprattutto in due composizioni decisamente carismatiche di un tale compenetrato atteggiamento come Black Butterflies e Gallows Song. Perlopiù, poi, la scaletta si dipana lungo squarci di sottile e riflessiva intimità — in particolare su Moonfleck, A Pale Washerwoman, Crosses, To Colombine e Prayer — dove l’atmosfera appare sospesa e impaurita, statica e brumale. In realtà, però, come si può evincere da due pezzi quali Knitting Needles e Old Pantomimes, tale atmosfera nasconde altresì un trio in grado di rivelare all’ascoltatore un magma sotterraneo alla materia musicale, attraversato da correnti frastagliate e incandescenti nonché iridato da tinte cangianti ed esotiche. Lidi più europei, invece, per Moondrunk, che si rivela sin dal titolo un altro interessante richiamo alla luna, nume tutelare del gruppo in esame, ma anche costante punto di riferimento estatico della loro affascinante avanguardia estetica. Una commistione salace tra free jazz americano e musica contemporanea europea da camera, che meriterebbe di essere ascoltata e gustata con la giusta tempistica e con opportune ripetizioni. Anche a distanza di tempo.