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Luís Lopes' Humanization 4tet - Electricity

Luca Canini, AllAboutJazz Italia

Lo si era capito già nel 2009, quando uscì su Clean Feed Humanization 4tet, che il chitarrista Luís Lopes aveva trovato la proverbiale quadratura del cerchio arruolando il sax tenore del connazionale Rodrigo Amado e affidando la ritmica ai fratelli Aaron e Stefan González (di recente ascoltati a fianco del padre, il trombettista texano Dennis González, in Cape of Storms). Due anni dopo, Electricity, fatica numero due del quartetto pubblicata dalla Ayler Records, conferma la caratura della band e, per la proprietà transitiva, l'eccellente stato di salute della new wave jazzistica portoghese.

I quattro mettono le carte in tavola fin da subito. L'iniziale "Dehumanization Blues" è una revolverata sparata a bruciapelo, una torrida cavalcata free che si snoda lungo un percorso reso accidentato dalle imboscate noise della chitarra di Lopes, un po' Otomo e un po' James Blood Ulmer, splendidamente anti-virtuoso nel sostenere sferragliando e sfrigolando l'assolo ayleriano di Amado. La successiva "Jungle Gymnastics," tutta spigoli e curve a gomito, ha un che di sinistramente monkiano. Lopes torna a fare il "chitarrista," dalle parti di Joe Morris tanto per intenderci. Amado si conferma sassofonista intrepido snocciolando un altro assolo tutto fuoco e fiamme, giocato sui registri bassi e sul vibrato rabbioso del tenore. La terza meraviglia dell'impeccabile un-due-tre iniziale, il cuore del disco, è "Two Girls," funk-jazz alla Vandermark 5 uscito dalla penna di Amado. Tira aria di Chicago, con la sezione ritmica che macina e martella, e la line-up chitarra-sax che spezza le linee del tema, dando vita a un dialogo serrato fatto di incastri e dissonanze.

Purtroppo quando la velocità diminuisce e le strutture si fanno labili, il quartetto mette in mostra qualche limite in fatto di lucidità e capacità di rapportarsi con il silenzio. Lo dimostra l'inconcludente "Effigy," che gira a vuoto per poco meno di sette minuti, cercando non si sa bene cosa e non si sa bene dove. Per fortuna è l'unico passaggio a vuoto. Con "Procurei-te Na Noite" si torna a far girare il motore della band, che nella seconda parte del disco conferma di trovarsi a proprio agio soprattutto alle alte temperature del neo-free.

Attenzione a non scottarvi le orecchie.