All sorts of jazz, free jazz and improv. Never for money, always for love.
Costituito oggi dal contrabbassista Benjamin Duboc, dal pianista Jobic Le Masson e dal batterista Didier Lasserre, il Free Unfold Trio opera ormai da una decina d’anni come importante realtà della scena improvvisata di Francia e dintorni. Se il nome del gruppo lascia intendere un’estetica improntata all’espressione più libera dell’arte creativa, il titolo dell’album, Ballades, è parimenti quanto di più lontano possa esserci rispetto al tipo di musica sviscerata dai tre, almeno se ci si attiene agli ortodossi canoni. E tuttavia, la libertà immanente nella loro musica mantiene allo stesso tempo una certa connotazione melodica fatta di linee spezzettate e spesso condivise fra i vari esecutori. L’album consiste di due uniche composizioni estemporanee, suddivise a loro volta in due parti ciascuna: in Au Départ, les Oiseaux un avvio quasi danzante, il cui tema è tracciato appena da un echeggiante contrabbasso, lascia il posto ad una improvvisazione in cui spazi e suoni, crescendo e silenzi, sono un magistrale esempio di equilibrio, in cui non mancano lirismo e suspense; nella seconda parte, il contrabbasso argina le correnti armoniche del piano — a tratti evansiano — che dilata e sospende i tempi con meditata flemma, fino all’inerzia finale. Seulement l’Air possiede un’atmosfera più incerta e vibrante, nella prima trance grazie anche alla batteria e ai suoi piatti, per diventare furtiva sulle corde glissate del contrabbasso e sulle rubate note del piano; nella seconda parte, archetto e pizzicati di Duboc raggrumano i fugaci accordi di Le Masson e le filiformi percussività di Lassere. L’ampia durata delle quattro tracce dà modo ai musicisti di confrontarsi continuamente fra loro e con sé stessi, mantenendo costante l’alternanza fra tensione e distensione che cattura l’attenzione dell’ascoltatore. L’unico neo è che una improvvisazione costruita sulle tensioni di note accarezzate e impercettibili silenzi val bene un concerto dal vivo, dove al piacere dell’ascolto si aggiunge anche quello della scena, ma purtroppo non rende altrettanto bene su disco, se non all’ascoltatore ben abituato alla concentrazione.
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