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SURD - Live at Glenn Miller Café

Alfio Castirina, Kathodik

Ancora l'ombra di grandi personaggi passati dall'altra parte, in questo caso il sassofonista Steve Lacy, pochi giorni prima di questa registrazione, per l'esibizione al Glenn Miller Cafè di SURD, sigla che raccoglie David Stackenäs alla chitarra, Frederik Nordström al sax, Filip Augustson al basso e Thomas Strønen alla batteria. E proprio con l'omaggio a Lacy inizia il cd, proponendo la cover di 38, tratta dall'album "The Crust". Il tema dissonante del sax e gli ustionanti flashes della chitarra di Stackenäs, forse la spezia più pregiata del disco, a caratterizzare gran parte del brano. Introdotta da un meditabondo giro di basso, parte la bellissima 3 6 4 U, ancora in gran parte magnificata dalla chitarra, con quelle note così strappate via, schizzate ma anche morbide, tra blues e funk, disperse nell'aria come sbuffate d'incenso. Veramente magnifica. Dopo che il brano va avanti per circa 5-6 minuti, sono però il sax e la sezione ritmica a prendere il sopravvento, a loro ed al loro duellare il palcoscenico. Molto più blueseggiante, Hello Paul (a quanto pare dedicata ad un cantante pop svedese, tale Paul Paljett), con Stackenäs inizialmente sornione nel procedere all'unisono con il sax per poi furbescamente inziare a sgomitare e aprirsi un suo spazio, prima con fare suadente poi sempre più irruento. Tributo ai Portishead, di cui Nordström è fan sfegatato, in Head P: batteria in punta di piedi e basso profondissimo, in un muoversi carico di tristezza e bellezza dai colori autunnali, bagnati e spenti, e un dolcissimo dialogare tra sax e chitarra. Il motivo del sax mi ricorda qualcosa, ma non riesco ad afferrarlo, come un vecchio ricordo che sfugge alla mente. Pause, arresti, ripartenze e gran equilibrio in Bye, Bye Teddy, unico brano accreditato a tutti i componenti del gruppo, con momenti di furore molto rockeggianti e poco ortodossi. Lontano da quello che può essere il classico disco di free jazz, SURD sconfina, e di molto, dal recinto, per abbracciare anche rock, blues, pop in un amalgama in più momenti veramente irresistibile. Consigliato anche a chi del jazz non sa che farsene. Come si sarà capito, abbastanza da urlo l'altezzosa bellezza della chitarra.