Eyal Maoz & Asaf Sirkis - Elementary Dialogues

Andrew Rigmore, JazzColo(u)rs

Due versatili e particolari musicisti israeliani che collaborano ad una distanza che si potrebbe definire oceanica: il chitarrista Eyal Maoz, da lungo tempo negli Stati Uniti, ed il batterista Asaf Sirkis, di base a Londra da oltre dieci anni. Un duo che esordisce nel 1998, con il Cd “Freedom Has Its Own Taste” (Fasson 011), e che non può certamente essere classificato come convenzionale: questa loro seconda uscita discografica, Elementary Dialogues, conferma quello che ci si può aspettare dal titolo, ossia una combinazione minimale di parti, nella quale i due strumentisti tendono a coprire tutto lo spazio a loro disposizione. La chitarra di Moez non può essere facilmente identificata all’interno di nessuna categoria, e non soltanto per il fatto di aver suonato nei più disparati contesti ed essersi cimentato praticamente con tutti i generi, dal funk-rock all’avanguardia, ma perché tutte queste esperienze si sono attaccate inevitabilmente alle sue corde. Asaf Sirkis, per parte sua, ha al proprio attivo una serie infinita di collaborazioni che vanno da Kenny Wheeler a Nicolas Meier, e che gli consentono di poter seguire il compagno nelle sue diverse esplorazioni stilistiche. Si parte con Reggae, un semplice motivo in levare appoggiato in maniera quasi melodica dai tamburi di Sirkis, per poi passare per le distorsioni alla Hendrix di Foglah, quindi alle sonorità più sperimentali di Sparse, che ricordano la chitarra di Marc Ribot, fino ad arrivare al fraseggio articolato di Strip. I dialoghi sono più improntati all’interscambio in Kashmir e Hole, ma ci sono anche momenti riflessivi come Duo o OK, fino alla sorprendente ed evocativa Miniature, delle undici l’unica composizione scritta da Sirkis. Divertente e quasi spensierata Esta, mentre gli effetti elettronici vengono lasciati per ultimi, appena un assaggio nella brevissima Shadows. Un lavoro all’insegna dell’equilibrio, che, a differenza di altri in cui la chitarra svolge pure il ruolo di protagonista primaria, non risulta per niente eccessivo o pesante, nonostante — o forse proprio perché — Maoz non risparmia nulla alla sua eclettica chitarra. Un album inconsueto ed interessante, per orecchie attente e curiose.